Sono trent’anni che il nostro sistema politico è alla ricerca della “normalità” perduta.
Decenni che, guarda caso, coincidono con la cancellazione forzata dei partiti di centro.
Ci avevano “promesso” che il maggioritario avrebbe garantito stabilità e alternanza, che i collegi uninominali avrebbero garantito la rappresentanza e che i partiti non avevano più ragione di esistere. Dopo trent’anni il bilancio negativo è un dato oggettivo.
I promotori della seconda repubblica, non contenti del fallimento politico del bipolarismo, continuano a proporre correttivi con la solita logica della personalizzazione della politica, che annienta valori e idee.
Il colpo di coda del bipopulismo lo vediamo nel taglio dei seggi parlamentari, nel terzo mandato per i Presidenti delle regioni (che loro chiamano Governatori), nel premierato e nei listini bloccati. Il tutto senza rendersi conto della disaffezione crescente dei cittadini verso la politica. Vota un italiano su due? A loro non importa.
Questo sistema di scontro perenne sta facendo scivolare l’Italia verso il declino culturale, sociale, politico ed economico. Abbiamo la volontà di superarlo? Con quali mezzi?
Con il Partito da costruire, non quello dei sogni che ognuno ha nella propria mente.
Il “partito da costruire” è quello che si può costruire. I sogni portano a continue divisioni tra chi è stato a destra e chi a sinistra, tra chi vorrebbe una gara tra chi è più cattolico e tra chi è più libertario. Non abbiamo bisogno di etichette o medaglie, abbiamo bisogno di volenterosi impegnati e umili, donne e uomini consapevoli che, senza la nostra unità, in Italia continuerà a crescere il populismo e l’astensionismo.
Dobbiamo essere credibili e concreti.
Non abbiamo bisogno di comitati elettorali, abbiamo bisogno di un grande partito.
Il partito è l’unico “mezzo”, riconosciuto dalla Costituzione (art, 49), in grado di garantire il “diritto dei cittadini di associarsi liberamente (in partiti) per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”
Un partito che sia il mezzo per raggiungere il nostro fine supremo, che è quello di migliorare le condizioni di vita di ogni persona: essere indipendenti per essere liberi. La differenza tra uno Stato totalitario e uno democratico è visibile proprio nel fine della “società politica”. Lezione che abbiamo ereditato da Jacques Maritain. Nel suo libro “L'uomo e lo stato” indicava, in modo chiaro, perfino i “mezzi del popolo”: “il programma del popolo non dovrebbe essere offerto al popolo dall'alto, e poi da questo accettato; dovrebbe essere opera del popolo.”
Quali caratteristiche dovrà avere? Proverò a individuarne alcune:
Un partito che duri nel tempo, organizzato, federale, partecipato e democratico;
Un partito che abbia solide radici nelle culture centriste del ‘900 e ispirato ai valori e all’orizzonte dell’umanesimo* del XXI secolo;
Un partito capace di garantire la partecipazione attiva degli iscritti, coniugando spazi virtuali e fisici;
Un partito che rispetti e garantisca, sempre, la libertà di coscienza su temi eticamente sensibili;
Un partito che valorizzi il talento e le competenze di ognuno, promuovendo attività di formazione politica e meritocrazia.
Dobbiamo trasformare i "sonnambuli" in cittadini "impegnati" per rinnovare e difendere “Libertà e Democrazia”.
Sarà un percorso lungo e faticoso, ma sono sicuro che è l’unica strada in grado di garantire le caratteristiche sopra esposte. Un cammino che potrebbe prendere forma con l’istituzione di una “federazione di idee”, per l’individuazione di 5-6 proposte condivise. Un’aggregazione di partiti, movimenti, associazioni, liste civiche e singoli cittadini; un metodo di lavoro condiviso, che abbia come fine la costruzione di un “grande Partito” di governo, non un nuovo “partitino” per la sopravvivenza di qualcuno o per la mera testimonianza di un’ideologia novecentesca.
*Umanesimo civile 5.0
Grazie per l’attenzione.
Armando Dicone
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