Idee e proposte sul futuro del centro.
Istant eBook di Armando Dicone.
Se sei populista, sovranista, comunista o fascista, se credi nel bipolarismo forzato e selvaggio, se ami lo scontro e i toni accesi, se credi che la politica sia solo dire ciò che gli elettori-clienti vogliono sentirsi dire, se credi che la democrazia liberale sia un'eredità meritata ed eterna, se credi che la partecipazione alla politica sia inutile: non continuare a leggere, fermati qui e ti auguro buona fortuna.
Se credi nell'impegno civico, nella responsabilità civile di ogni cittadino, nella buona Politica e nella capacità che essa determini la nostra vita: continua pure.
Questo libretto digitale è dedicato a chi vuole riformare la Politica, con impegno gratuito e passione civile, per il bene comune e per la propria comunità.
Introduzione:
I governi del “cambiamento” (Conte e Meloni), al varo della prima legge di bilancio, come previsto da molti attenti osservatori, dimostrano che le promesse elettorali sono solo un lontano ricordo.Nei sondaggi e nei commenti sui social network, si inizia a intravedere l’insofferenza di tanti italiani che avevano creduto, in buona fede, alle affascinanti promesse elettorali. Gran parte della classe dirigente continua a colpevolizzare la scelta e la voglia di cambiamento degli italiani, commettendo il più grave errore che un politico possa compiere.Continuando ad essere “snob”, si finirà per favorire il nazional-populismo che si nutre proprio della contrapposizione popolo-élite. Dire semplicemente “noi siamo più competenti” non ridurrà la voglia di cambiamento dei cittadini. I dati dei vari sondaggi lo dimostrano, Lega e 5 stelle non crescono più, tra poco inizierà la parabola discendente di Fratelli d’Italia, ma l’unico partito che cresce continuamente è quello dell’astensione.Lavorare ad una nuova proposta politica è l’obiettivo a cui dovremmo ambire. La voglia di cambiamento e la richiesta di partecipazione attiva, vanno ascoltate con attenzione empatica.E’ necessario essere umili, usare un linguaggio nuovo, veicolare idee e proposte utilizzando i nuovi media.E’ indispensabile organizzare, dal basso, un nuovo impegno civico, culturale, sociale e politico dei “non schierati”, partendo dall’elaborazione di una piattaforma programmatica partecipata e condivisa.Libertà, responsabilità, solidarietà, emancipazione e partecipazione, saranno i cinque principi a guidarci nell'elaborazione di un nuovo pensiero politico.Mettiamo insieme le tante idee che in questi mesi, tantissimi amici hanno proposto e uniti possiamo (ri)costruire l’Italia.
Il contesto politico e la “domanda”.
Dall'attuale classe dirigente politica, risuonano i soliti accordi: "o di qua o di là"; "ripartire dal fronte contro le destre o le sinistre" a seconda di chi parla; "il voto utile" come se ci fossero voti inutili; "si vince al centro" questo è il più pericoloso, perché di solito vogliono solo il nostro voto, ma mai il nostro contributo ideale e programmatico; e tanti altri messaggi di cui la maggioranza degli italiani è davvero stanca, basta guardare i dati dell’astensionismo ragionato.Parole vuote che ritornano ad ogni campagna elettorale, come se per governare un Paese bastasse essere contro qualcuno o qualcosa.Sono 30 anni che siamo costretti a subire questo schema destra contro sinistra e dopo tutti questi anni, nessuno dei protagonisti dice la verità: "questo sistema in Italia non funziona".Da troppi anni, la politica italiana cerca di trovare il giusto equilibrio dal post tangentopoli e dal post muro di Berlino. Due eventi che cambiarono la politica e che costrinsero la classe dirigente, a trovare soluzioni per superare la forza degenerativa della partitocrazia e il superamento delle ideologie del '900. Le ricette sono state utili? Abbiamo migliorato la politica? Premetto che le due esigenze erano preminenti e che nuove soluzioni erano doverose e necessarie, ma penso che la risposta, ai due quesiti, non possa che essere negativa.Esaminiamo le trappole che hanno ingabbiato la politica italiana:-Maggioritario. Il nuovo sistema elettorale avrebbe dovuto garantire la stabilità dei governi. Il risultato negativo è oggettivo, negli ultimi 15 anni abbiamo cambiato 1 governo ogni 18 mesi, in Germania, con il proporzionale, la Merkel ha governato per 15 anni;-Leaderismo. Altra trappola causata dal cambio del sistema elettorale e quindi del sistema politico, è stata l'introduzione della figura del leader maximo. Un capo a cui si deve dire sempre di sì, che sceglie la classe dirigente del "proprio" partito in base alla fedeltà e non alla meritocrazia e alle competenze. Un capo che quando va in TV scatena la tifoseria, guarda lo share e i sondaggi del giorno dopo;-Partiti "vuoti". Siamo in presenza di comitati elettorali del capo non di partiti, semplici club del leader che comanda e decide la linea politica, in alcuni casi senza neppure svolgere congressi e laddove si svolgono si fanno primarie per scegliere il capo. Il capo elimina il rapporto tra elettori e classe dirigente locale, poiché tutto deve essere lo "specchio delle sue brame". Chi non condivide la linea del capo del momento, fa un altro partito personale e così fino all'infinito.-Immediatezza. Tutto deve essere veloce, immediatamente misurabile. Ogni azione deve essere supportata da un vantaggio elettorale anche a scapito del Paese. Il ragionamento, la riflessione e il tempo, sembrano essere categorie politiche contrarie alla logica dell'accattonaggio mediatico.Se vogliamo liberare la politica italiana e quindi ricostruirla, dobbiamo intervenire sulle trappole. Dobbiamo passare ad una legge elettorale proporzionale con voto di preferenza, dove ogni partito presenta il proprio programma, i propri candidati, le proprie idee e i propri valori agli elettori; dobbiamo costruire partiti solidi, aperti, partecipati, con regole certe di democrazia interna e con un pensiero politico alla base.Noi centristi, ingabbiati più di altri in questi anni, dobbiamo riscoprire il senso delle nostre, diverse ma affini, culture politiche. Dobbiamo usare il digitale per incontrarci, condividere e decidere, dobbiamo coltivare un nuovo albero che abbia radici solide, dobbiamo superare lo scontro tra chi è stato a destra e a sinistra, dobbiamo riscoprire la passione per la politica e farla conoscere a tanti giovani che "domandano" ma non trovano un'"offerta" credibile.Dobbiamo liberarci dalla trappola del bipolarismo forzato, dobbiamo essere liberi di unirci.Alle ultime elezioni politiche, del 25 settembre 2022, si sono astenuti il 36% degli aventi diritto al voto, nel 2018 non hanno votato il 30% degli elettori, alle ultime europee 1 elettore su 2 si è astenuto. Nei vari sondaggi elettorali circa il 40% si dichiara indeciso o non sceglie. I numeri dell'astensionismo hanno raggiunto un limite davvero pericoloso, siamo in una fase di grave malattia per la nostra democrazia.Se perfino alle comunali, elezioni nelle quali si scelgono i rappresentanti delle comunità locali, vota solo 1 cittadino su 2, vuol dire che il bipolarismo è morto per volontà degli elettori.Affluenza (2021) nelle 5 grandi città al voto: Roma 48,83%; Milano 47,69%; Bologna 51,87%; Torino 48,06%; Napoli 47,19%.Nei vari commenti dei politici di destra e sinistra, il problema della continua disaffezione sembra non essere una priorità. Ognuno festeggia il proprio risultato, senza tener conto che il primo partito italiano è proprio quello del non voto.Una democrazia matura non dovrebbe tener conto della rassegnazione dei propri cittadini? Quanti cittadini non votano perché stanchi degli urlatori di professione?Quanti elettori non si sentono rappresentati dagli attuali blocchi contrapposti?Quanti elettori si dichiarano né di destra, né di sinistra?Un sondaggio, del 2019 di Demos & Pi, fotografa l'autocollocazione politica degli italiani, in modo evidente: il 31%, degli intervistati, non si dichiara di nessuna area politica tra destra e sinistra, il 14% si dichiara di destra mentre il 13% di sinistra.In mancanza di culture politiche "forti" e non liquide, questo dato aumenterà sempre più? Personalmente penso sia inevitabile.Se i due blocchi di sinistra e destra continuano a litigare su tutto, come può la maggioranza silenziosa della popolazione sentirsi rappresentata? Se non fai parte di nessuna delle due "curve" come puoi sentirti parte di una comunità politica?L'altro dato da evidenziare, che personalmente mi sembra interessante, è il 9% di chi si dichiara di centro. In attesa di partiti e movimenti dichiaratamente centristi, indipendenti e autonomi dalla destra e dalla sinistra, mi sembra un risultato inatteso e insperato, un terreno da coltivare per superare gli estremismi, per (ri)costruire la nostra area politica.L'analisi post voto (europee 2019) di Ipsos, mostra invece i voti realmente espressi per autocollocazione politica: chi si dichiara di centro, nella maggioranza dei casi non vota. Il 42,3% dei centristi non ha partecipato al voto, rappresenta la maggioranza degli astenuti. Altra considerazione da fare è il voto, dei centristi, per i partiti candidati alla competizione elettorale: il 34% ha votato Lega, il 23,9% M5S e solo il 13,2% per il PD e il 12,3% per FI.Penso sia evidente che, in assenza di un partito, movimento, coalizione, federazione di centro, i cittadini che si dichiarano di questa area politica, o non vanno a votare oppure votano per le liste che “promettono” un cambiamento.Le elezioni comunali del 2021, hanno confermato, se ancora non fosse chiaro a qualcuno, che la "domanda politica" per un nuovo progetto centrale, esiste ed è sempre più forte, il bacino elettorale del 20% esiste e solo chi non ha visione politica può non notarlo.Questa percentuale, oltre che da vari sondaggisti, è confermata anche dalle urne, basta guardare il risultato delle comunali nella capitale d'Italia.Altro dato da evidenziare, è la differenza tra le piccole percentuali che hanno ottenuto le liste di centro, apparentate a sinistra o destra, e l'ottimo risultato ottenuto da liste autonome come nella capitale o in altre città importanti.Adesso, finalmente, c’è l'esigenza diffusa tra i cittadini di poter votare e partecipare ad un nuovo progetto, culturale e politico, centrale, indipendente e autonomo.Ho raccolto alcuni sondaggi che fotografano, in maniera incontestabile, l'esigenza di molti italiani di avere una nuova offerta politica di centro, che vuol dire né con i populisti e né con i sovranisti, ma anche che non abbiamo bisogno di soluzioni del '900, ma dobbiamo guardare al futuro con quel sano "pragmatismo solido", che contraddistingue un'azione politica radicata nelle culture politiche del liberalismo, del popolarismo e del riformismo, ma senza barriere ideologiche che ne possano affossare l'elaborazione concreta del programma politico.Il sondaggio SWG del 16 novembre 2021, mostra che il 22% degli intervistati "ritiene che ci sarebbe bisogno di un nuovo partito" nell'area di centro, di questi il 12% pensa che debba essere "slegato sia dal centrosinistra che dal centrodestra"; il 23% vorrebbe un nuovo partito "fuori dall'asse destra-sinistra", ma senza autodichiarsi di centro. Il 55% degli intervistati, la maggioranza, ritiene opportuno un nuovo progetto politico capace di superare il duopolio sinistra-destra.Da non sottovalutare è il 18% che vorrebbe un nuovo progetto nel "centrodestra moderato" e l'11% che lo vorrebbe nel "centrosinistra moderato e riformista". Tutti dati che dimostrano la volontà di creare un nuovo schema politico, fuori dalle logiche dello scontro diretto tra i due poli.Ma cosa chiedono gli elettori intervistati, che vorrebbero un nuovo soggetto politico nell'area di centro?Il 35%, la maggioranza, ritiene che il nuovo partito dovrebbe occuparsi di ridurre l'evasione fiscale e la corruzione, poi qualcuno racconta che questo tema non sia remunerativo dal punto di vista elettorale. Altri temi sono "sostenere una crescita economica inclusiva" (28%), "ridurre le disuguaglianze sociali" (28%) e rendere lo Stato più moderno ed efficiente (27%).Su questi temi è possibile trovare insieme le soluzioni? Io penso di sì, basta farlo con passione, umiltà e senza alcun retropensiero di tipo personale, il carrierismo verrà dopo e per chi lo vorrà. Continuo a pensare che sia arrivato il momento di mettere in campo merito, competenze e talenti, ognuno di noi deve assumersi il suo piccolo pezzo di responsabilità civica.Adesso abbiamo il compito di mettere insieme donne e uomini, associazioni e movimenti, per tentare di trovare insieme temi e soluzioni condivise, affinché il nuovo progetto non sia solo una semplice operazione elettorale.Dopo tutti questi numeri, penso sia evidente che la domanda ci sia e che sia notevole, in politica però le semplici addizioni non fanno mai la somma sperata. Ci vuole coraggio, pazienza, determinazione e umiltà.Dobbiamo far crescere sempre più la voglia di guardare con fiducia al futuro della nostra area culturale e politica. Convinti che il centrismo non sia opportunismo tattico, non è solo la "terza via" tra sinistra e destra, ma è soprattutto un'idea di futuro, che parte da valori e ideali, per arrivare ad un programma concreto e realizzabile per il nostro Paese, dobbiamo continuare a unire chi si riconosce nelle culture politiche del riformismo, del liberalismo e del popolarismo.Senza etichette, senza barriere ideologiche tra noi, senza personalismi adolescenziali, ma mettendo insieme idee, progetti e proposte concrete per il nostro Paese.A mio modesto parere, tre sono gli errori che non dobbiamo più commettere:-non dobbiamo partire da "chi sarà il capo";-non dobbiamo partire da "con chi ci alleeremo";-non dobbiamo partire con frettolose denominazioni "centro riformista", "centro popolare", "centro liberale", "centro moderato". Tali definizioni rischiano di escludere chi non si riconosce nella singola cultura politica citata. Almeno in questa fase embrionale, parlerei di "centro ricostruttivo" e partecipato, perché senza la partecipazione della base, elemento fortemente caratterizzante, si rischierebbe l'ennesima operazione verticale. L’8% del cosiddetto Terzo Polo, può essere un ottimo punto di partenza, ma di certo non ci basta e per arrivare al potenziale bacino elettorale del 20% ricordiamo ciò che diceva Aldo Moro, nel 1944: "il centro non è statico ma dinamico, importante non solo come luogo fisico o geografico, ma come funzione politica a condizione di essere alternativo alla sinistra e alla destra".
Il pensiero politico di centro.
Gli ultimi anni hanno confermato l'incapacità di governare dei populisti/sovranisti, molto bravi ed efficaci nel gridare cosa non funziona nel Paese, ma inefficaci nel risolvere ciò che denunciano. L'elemento di novità che, finalmente, sta emergendo tra i riformisti, popolari e liberali, sempre più con maggiore forza, è la necessità e l'urgenza, di costruire un nuovo progetto politico indipendente dal bi-populismo.Quando si inizia un nuovo percorso politico è necessario partire dai contenuti e non dal contenitore, senza un pensiero forte, valori e ideali di riferimento non è possibile creare un progetto politico che duri oltre il voto.Dopo le elezioni politiche del 2018 e del 2022, si è resa ancora più urgente la costruzione di un nuovo progetto culturale e politico, un’offerta centrale autonoma dai due schieramenti populisti, che abbia la capacità di attualizzare i tanti insegnamenti dei nostri padri politici.
Don Luigi Sturzo, nell'articolo pubblicato sul Popolo nuovo il 26 agosto del 1923, scriveva:“Il nostro programma è un programma temperato e non estremo: - siamo democratici, ma escludiamo le esagerazioni dei demagoghi; - vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; - ammettiamo l'autorità statale, ma neghiamo la dittatura, anche in nome della nazione; - rispettiamo la proprietà privata, ma ne proclamiamo la funzione sociale; - vogliamo rispettati e sviluppati i fattori di vita nazionale, ma neghiamo l’imperialismo nazionalista; e così via, dal primo all’ultimo punto del nostro programma ogni affermazione non è mai assoluta ma relativa, non è per sé stante ma condizionata, non arriva agli estremi ma tiene la via del centro.Questa posizione non è tattica. E' programmatica, cioè non deriva da una posizione pratica di adattamento o di opportunità: ma da una posizione teorica di programma e di idealità”.
Questa citazione, a mio avviso, rappresenta il punto di partenza metodologico per l'elaborazione del nuovo pensiero politico centrista.Definito il perimetro, è necessario individuare i riferimenti culturali e ideali, che supporteranno il programma del nuovo percorso politico centrista: europeismo; il rispetto e la tutela dell'ambiente e di ogni persona umana; i valori civili, sociali ed economici espressi nella Costituzione; l'incontro tra la dottrina sociale cristiana e l'economia sociale di mercato.
L'Europa che sogniamo, e che vogliamo, è quella federale, solidale e unita nelle scelte economiche e politiche, l'Europa che concretizza i valori e gli ideali espressi nei trattati, come ad esempio all'art. 3 del TUE:"Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente".
Parlando di "persona umana e ambiente" mi riferisco al più importante, almeno secondo me, insegnamento di Papa Francesco:
Laudato si' n. 139"Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura".
Come dice spesso il pontefice "tutto è connesso" e noi non possiamo non tenerne conto nelle nostre proposte, per il programma che verrà.
La nostra Costituzione, la più bella del mondo, è sempre più dimenticata e presa a "la carte". Quante volte, negli ultimi decenni, abbiamo sentito dire che il presidente del consiglio può fare ciò che vuole perché scelto dal popolo? Quante volte hanno calpestato i valori in essa espressi in nome del popolo? Il popolo vuole meno politica? Allora tagliamo finanziamento pubblico e seggi parlamentari, che ci vuole.Noi dobbiamo continuare a difenderla dal bi-populismo, che con la ghigliottina arriverebbe a cancellare perfino le istituzioni repubblicane, in nome della volontà del capo scelto dal popolo. Dobbiamo pretendere il pieno rispetto e l'attuazione dei valori civili, sociali ed economici della nostra amata Costituzione.
Altro passaggio fondamentale, per un nuovo progetto culturale e politico dei centristi, è la combinazione pragmatica tra gli insegnamenti della dottrina sociale cristiana e l'economia sociale di mercato, che ha già dato i suoi buoni frutti soprattutto in Germania e in Europa.
Il 12 gennaio 2011 la Commissione delle conferenze episcopali della comunità europea (COMECE) pubblicò un documento favorevole all'economia sociale di mercato dell'UE, perché capace di coniugare "il principio della libertà del mercato e lo strumento di un'economia competitiva al principio di solidarietà e ai meccanismi della giustizia sociale".
I quattro riferimenti citati, dovranno essere una guida per il programma che verrà, un puzzle capace di seguire il percorso indicato dai nostri padri politici, tra cui Wilhelm Ropke, che nel 1944 pubblicava "Civitas humana":"Alle questioni posteci dai collettivisti si può dare ancora, e oggi più che mai, una risposta liberale, anche se decisamente diversa da quella del liberalismo storico, anzi questa è l'unica risposta conciliabile con una Civitas humana".
Luigi Einaudi nell'articolo del 1942, dal titolo Economia di concorrenza e capitalismo storico - La terza via fra i secoli XVIII e XIX, scriveva:"Se al sistema economico fondato sulla concorrenza di mercato, al quale ben conviene la denominazione di liberale – democratico, perché imperniato sul comando del consumatore e sulla soddisfazione dei desideri effettivi non della maggioranza della collettività consumatrice ma di ognuno in particolare, contrapponiamo l’opposto sistema collettivistico, la superiorità del primo appare evidente e sorprendente, le leve di comando nell’economia collettivistica passano dal consumatore e dal mercato al dirigente ed all’ufficio", nello stesso articolo suggeriva una chiave di lettura molto efficace sugli studi de "Il Röpke, preferisce non dare un nome al suo indirizzo e perciò lo chiama semplicemente “la terza via”, la via d’uscita dal dilemma della scelta fra il capitalismo o liberalismo storico ed il “collettivismo”, ambedue a lui in sommo grado ripugnanti".
Per tornare al nostro pragmatismo solido, cioè con riferimenti ideali storici ma attualizzati e aderenti alle nuove esigenze, vorrei ricordare il discorso di Alcide De Gasperi al IV Congresso nazionale DC, tenutosi a Roma, il 25 novembre del 1952:"Se è vero che prima di tutto è necessario salvare il regime democratico e la libertà, allora è vero che almeno nel periodo attuale, all’epoca che attraversiamo, la linea della soluzione va cercata in una linea di mediazione fra la necessità di servire la libertà e la tendenza ad una sempre maggiore giustizia sociale".
In questa cornice, con i quattro riferimenti citati, possiamo elaborare, insieme, nuove politiche di centro, un pensiero politico per il futuro.L’Italia ha bisogno di tutti noi, di chi avverte la responsabilità civica e vuole uscire dalla logica della rassegnazione, di chi vuole prendersi cura della nostra amata nazione.Dobbiamo riscoprire i valori espressi nella nostra costituzione, la passione e le competenze dei nostri padri costituenti; dobbiamo chiedere più Europa per noi e per le prossime generazioni, superando la forma intergovernativa che fa emergere i tanti egoismi nazionali, dobbiamo chiedere un impegno concreto verso gli Stati Uniti d'Europa; dobbiamo mettere al centro l'uomo con il suo pianeta, lo Stato e l'economia devono essere strumenti per raggiungere il bene comune e non per agevolare interessi di parte, dobbiamo riscoprire i tanti insegnamenti delle encicliche sociali e dell'economia sociale di mercato.Per superare questa "inutile" politica, mai avrei pensato di usare un simile doloroso aggettivo, dobbiamo lavorare insieme per mettere nell'agenda politica nazionale la legge elettorale proporzionale con le preferenze, unico sistema coerente con l'assetto istituzionale voluto dai costituenti e lavorare ad una legge che garantisca la democrazia interna ai partiti (art. 49 Costituzione).Possiamo guardare insieme avanti, se sapremo mettere da parte i tanti egoismi, le gelosie, le accuse reciproche di chi è stato a destra contro chi è stato a sinistra e viceversa. Possiamo guardare al futuro insieme, se riscopriamo i tanti insegnamenti dei nostri padri politici, per ricostruire la nostra area culturale, sociale e politica.Dobbiamo mettere in pratica la teoria di Walter Eucken, che "Sul duplice compito dell'economia politica" scriveva:"Le discussioni di politica economica del XIX e XX secolo partivano per lo più dalla visione di fondo secondo cui erano rilevanti solo queste due possibilità: libera economia o un ordine economico del tipo ad amministrazione centralizzata; una contrapposizione che allora, del tutto poco chiaramente, veniva descritta con le parole: capitalismo contro socialismo.Ma l'esperienza storica e il pensiero teoretico-morfologico hanno lasciato sempre più chiaramente intendere nel corso degli ultimi decenni che c'è ancora una terza possibilità di ordine dell'intero processo economico: l'ordine della concorrenza. Lo Stato promuove e mantiene un ordine in base al quale la concorrenza perfetta diventi il più possibile effettiva per molti mercati."
Possiamo camminare insieme se riusciamo a condividere, idee e proposte per nuove politiche di centro, garantendo la massima partecipazione dal basso e con pari dignità tra le parti. Non abbiamo bisogno di operazioni calate dai vertici, abbiamo bisogno di elaborare un nuovo pensiero forte, solo così potrà nascere qualcosa di solido.Abbiamo bisogno di partecipazione attiva, di impegno civico, di donne e uomini responsabili.L'Italia ha bisogno del centro politico, non come posizione statica o furbizia elettorale, ma come elaborazione di un nuovo pensiero culturale e politico, autonomo e indipendente dai due blocchi contrapposti, un pensiero libero perché sgombro da interessi particolari, un pensiero forte perché condiviso dal basso.Per compiere questa difficile missione culturale e politica, dopo trent’anni di abitudine al bipolarismo è davvero una missione difficile, dovremmo riscoprire, studiare, approfondire e attualizzare il pensiero dell’Umanesimo Civile.Un pensiero culturale capace di coniugare l’umanesimo cristiano e laico, un metodo di lavoro che sia uno strumento di miglioramento della vita civile, con lo scopo di mettere la propria cultura, i talenti di ognuno e le competenze acquisite, a disposizione della comunità e del suo progresso, con la convinzione che il “sapere” se non condiviso con gli altri e per il bene comune, può solo soddisfare il proprio ego.Tra i tanti concetti su cui si sviluppò l’umanesimo civile fiorentino, vorrei citarne alcuni:–La valorizzazione della famiglia come primo nucleo sociale;–L’attività economica e la ricchezza come attestazione dell’abilità dell’uomo;–La dignità dell’uomo che si manifesta nelle sue virtù civili e dallo studio delle humanae litterae non in contrapposizione alle divinae litterae.
Ogni cittadino ha il compito di partecipare alla vita pubblica, ognuno secondo le proprie competenze, passioni, studi e tempo libero. Ognuno di noi, avrà il diritto/dovere di sentirsi responsabile della propria comunità e della Patria.Solo con la partecipazione e con la vocazione civile di ognuno di noi, potremo tornare alla democrazia, poiché siamo passati dal potere/governo di pochi (oligarchia) della seconda repubblica, al potere apparente delle “masse” (oclocrazia) dal 2018.La voglia di democrazia non può manifestarsi solo il giorno delle elezioni, senza un solido e partecipato sistema istituzionale e politico, il cittadino diventa un cliente da soddisfare un giorno ogni cinque anni.A tal proposito, vorrei condividere con voi un pensiero di Coluccio Salutati, il primo intellettuale dell’Umanesimo Civile, che nel “De nobilitate legum et medicinae” scriveva: "che ogni mia azione giovi a me, alla famiglia, ai parenti e ciò che è ancor meglio che io possa essere utile agli amici e alla patria e possa vivere in modo da giovare all'umana società con l'esempio e con l'opera".
Con l'impegno civile, sociale, culturale e politico, realizzeremo pienamente la nostra naturale missione. Con i mezzi, con la volontà, con la determinazione e con l’umiltà possiamo elaborare una nuova idea di centrismo, so bene che sarà un percorso lungo e faticoso, ma è l'unica strada percorribile.
Metodo, partecipazione e mezzi.
Le ultime due elezioni politiche ci hanno consegnato un parlamento a maggioranza bi-populista, una classe dirigente che urla, sgomita e fa a gara a chi la "spara più grossa". La demagogia con la quale si "raggirano" i "clienti-elettori" è sotto gli occhi di tutti, almeno di chi ancora vuol vedere.Molti cittadini volenterosi chiedono, a gran voce, una nuova offerta politica in grado di superare il populismo di destra e sinistra, tale richiesta però necessita di una base organizzata e radicata. La spinta per una nuova offerta politica è sempre più forte. In molti si chiedono cosa sarebbe accaduto se a gestire la crisi in Ucraina ci fosse stato il governo giallo-verde, solo a pensarci mi vengono i brividi.La bontà della proposta politica centrale, dipenderà dalla chiarezza dei valori di riferimento, dalla classe dirigente, dalla forza delle idee e dalla proposta programmatica che dovrà essere credibile e realizzabile.Di certo il "centro" che sogno, per cui nel mio piccolo mi impegno quotidianamente, non è quello che descrivono alcuni opinionisti e giornalisti: grande centro, centrino, centricchio, la nuova DC, il ritorno della balena bianca, la grande ammucchiata, ago della bilancia. Si sono divertiti molto a definire il nuovo progetto come già vecchio, pensando a qualcosa che ricorda il trasformismo, i giochi di palazzo, i tatticismi e l'autoconservazione.Abbiamo bisogno di formare una classe dirigente CREDIBILE, che non è la solita parola magica da usare in discorsi o articoli, ma una qualità che deriva da tre fattori: competenza, coerenza e coraggio.Il nuovo progetto politico centrale, che ribadisco è indipendente e autonomo dai populisti e dai sovranisti, non è uno spazio da occupare, ma un'idea innovativa. È l'incontro pragmatico tra culture politiche solide: riformismo, liberalismo e popolarismo.Queste culture politiche hanno già contribuito a rendere grande il nostro Paese e quando ci sono riusciti, governavano insieme. La storia repubblicana dimostra che le tre culture del centrismo italiano, se divise nei "cespugli" delle finte coalizioni di destra e sinistra sono irrilevanti, se unite tra loro sono capaci di ricostruire l'Italia.Questo nuovo processo, lungo e faticoso, ha bisogno non di un federatore capace di riunire le varie sigle, ma di una forza culturale e politica che venga dal basso. Una spinta positiva e senza interessi personali, mossa dai riferimenti ideali, che ho già descritto in precedenza, su cui costruire un nuovo "centro".Questo è il "centro" che sogno.Dopo trent'anni di bipolarismo forzato non sarà un progetto immediatamente realizzabile, ma è possibile immaginare un percorso condiviso e partecipato.Il primo passo sarà la formazione di una grande, organizzata, strutturata e partecipata alleanza di centro, che abbia pochi punti programmatici chiari e realizzabili, scaturiti dai riferimenti ideali sopracitati, ma non esclusivi. Una struttura organizzativa unitaria e coesa, capace di eleggere il leader (non il capo) dal basso. Ogni partito, movimento, associazione o singolo aderente, potranno mantenere la propria identità e struttura organizzativa. Un'organizzazione tra diversi partiti che condividono temi, soluzioni e scelte politiche. Tra le regole democratiche della futura alleanza, dovrà essere chiaro che sui temi eticamente sensibili prevarrà la coscienza di ognuno, l'unità forzata su tutto non reggerebbe.Altra regola fondamentale, da chiarire subito, è il posizionamento tra i banchi del parlamento europeo. Inutile cercare una collocazione unitaria in presenza di due gruppi di riferimento come Renew Europe e PPE. Ogni componente aderirà al gruppo europeo che ritiene più vicino alla propria identità, se ci saranno le condizioni e se lo si riterrà opportuno. Meglio chiarire subito ciò che è stato fonte di divisioni nelle precedenti esperienze, meglio un processo a tappe, che una lista elettorale che si frantuma il giorno dopo il voto, cercando invano l'unità su tutto.Il digitale sarà fondamentale per la partecipazione attiva, dei cittadini sostenitori, ma servirà un approccio dei leader aperto e disponibile.Il centro sarà un'idea nuova, con processi innovativi, con un pensiero politico solido e con la partecipazione attiva dei cittadini, altrimenti non sarà il centro del futuro.Dobbiamo dar voce ai tanti cittadini, che come noi, chiedono di costruire una nuova e credibile offerta politica, dobbiamo farlo “vivendo” i social non con “l’odio” dei populisti, altrimenti rischiamo di usare toni e parole che non rappresenterebbero la “maggioranza silenziosa”. Avremo meno retweet o meno like? A lungo termine saremo più convincenti.Dobbiamo essere coraggiosi, elaborare proposte nuove e avviare campagne tematiche sui social network. La nostra risposta, al populismo, non deve essere né l'ironia, né il “lasciamoli lavorare”, bensì proposte condivise che parlino alla maggioranza silenziosa degli italiani.La stessa maggioranza che non vota più o che è stanca di votare “il meno peggio”.In un periodo in cui l'immediatezza e l'efficacia degli slogan fanno crescere i like dei populisti, la "maggioranza silenziosa" inizia a chiedere fatti concreti. La “luna di miele” tra poco finirà.Navigando sui social network, leggendo vari articoli di diverse testate giornalistiche, chiacchierando di politica con amici e parenti, ci si rende conto dell’esigenza di rilanciare l'idea della Politica credibile.Essere pronti e presenti è un dovere per chi ha a cuore le sorti del nostro Paese.Attualizzare buone pratiche del passato può essere un buon punto di partenza. Una di queste è senza dubbio l’esperienza del Codice di Camaldoli del 1943.Un gruppo di intellettuali discusse insieme di questioni sociali, di famiglia, di lavoro, di economia e del rapporto cittadino-stato.Non vorrei essere frainteso, né passare per un megalomane, ogni esperienza è irripetibile, ma penso sia opportuno partire dalle idee per costruire nuove proposte.Utilizzando internet, creando una piattaforma accessibile a quanti vorranno partecipare alla nuova proposta politica, possiamo rendere davvero partecipato il centro del futuro.Il digitale ci mette a disposizione strumenti di aggregazione e di discussione che in passato erano impensabili, garantendo a tutti, e non solo agli addetti ai lavori, la partecipazione.Quante volte ci siamo detti che il cambiamento può avvenire solo se innescato dal basso? Tantissime, ma spesso non siamo riusciti a concretizzare questa buona pratica.Lo ripetiamo nei nostri articoli, nei convegni, ma poi non riusciamo a mettere in pratica quello che professiamo.La nostra storia culturale e politica è piena di buoni esempi di elaborazione politica dal basso, cioè con la partecipazione popolare attiva, a partire dall'impegno dei nostri padri politici a favore delle autonomie locali. Nelle sezioni locali e nei municipi si formavano infatti le classi dirigenti.Già nel primo decennio del '900, don Carlo De Cardona scriveva:“il Municipio è del popolo; è fatto per gli interessi del popolo e non per la propaganda delle idee repubblicane o socialiste o cattoliche.Questo è il punto fondamentale: nel Municipio devono essere trattati, studiati, discussi gli interessi del popolo, diciamo di tutti i cittadini, qualunque sia la loro fede, e il loro modo di pensare".Altra citazione da ricordare in ogni nostro sforzo partecipativo è:“il nuovo padrone non dice più: tu penserai come me o morirai; dice: sei libero di non pensare come me; la tua vita, i tuoi beni, tutto ti resta; ma da questo giorno tu sei uno straniero tra di noi.” A. Tocqueville, La democrazia in America, 1840.Come può esserci democrazia (governo del popolo) senza partiti capaci di rappresentare i valori, le idee, i bisogni e le aspirazioni dei cittadini? Come può definirsi compiuta una democrazia liberale e una repubblica parlamentare, se non ha partiti democratici e contendibili?I nostri padri costituenti risposero a questi quesiti dando vita all'articolo 49 della nostra costituzione:"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".Perché partecipare attivamente alla vita politica? Se come semplice cittadino, so già che le mie idee non incideranno mai sulla linea politica del "partito", perché dovrei "perdere" il mio "prezioso" tempo libero?Senza veri partiti democratici e contendibili non può esserci partecipazione attiva, senza partecipazione non può esserci vera democrazia.Per veri partiti, non intendo una fedele copia delle strutture organizzative del '900, ma penso a strutture agili, che grazie al digitale possano accorciare le distanze tra cittadini e politica. Nella mia precedente e modesta esperienza partitica, ho compreso bene cosa voglia dire essere un ventenne di provincia, lontano da Roma.Il digitale può accorciare tali distanze, se non ha il retropensiero della manipolazione populista. Può essere la leva della vera partecipazione popolare, non per la democrazia diretta, ma per contribuire attivamente alle scelte democratiche.Vorrei scegliere io il partito, la classe dirigente e il parlamentare, perché non sono e mai sarò "lo straniero tra voi".Riformare la politica dal basso, significa avere la possibilità di scegliere e di votare il partito che possa rappresentare le nostre idee e i nostri valori, significa scrivere sulla scheda elettorale il nome del parlamentare, significa avere la possibilità di aderire a partiti democratici e contendibili.Dobbiamo "rompere" il bi-populismo, che impone all'elettore di scegliere tra buoni o cattivi, rossi o neri, comunisti o fascisti, destra o sinistra mentre l'unico partito che cresce è quello dell'astensionismo, ma questo sembra non importare a nessuno.Costantino Mortati, durante i lavori dell'assemblea costituente affermò:“Bisognerà che si abitui il popolo a prendere decisioni politiche, ed a questo scopo il regime elettorale proporzionalistico è quello meglio rispondente ad abituare il popolo non solo alla migliore scelta degli uomini, esigenza anch’essa essenziale, ma alla valutazione e scelta dei programmi.”
Ancora più netto è Luigi Einaudi che ne "L’Italia e il secondo Risorgimento», il 17 luglio 1944 scriveva:"Lo Stato lasciamolo riformarsi dal basso, come è sua natura. Riconosciamo che nessun vincolo dura e nessuna unità è salda se prima gli uomini i quali si conoscono ad uno ad uno non hanno costituito il comune; e di qui, risalendo di grado in grado, sino allo Stato. La distruzione della sovrastruttura napoleonica, che gli italiani non hanno amato mai, offre l'occasione unica di ricostruire lo Stato partendo dalle unità che tutti conosciamo e amiamo e che sono la famiglia, il comune, il territorio dove si vive e i suoi usi e costumi".
Stessa visione politica la ritroviamo in Alcide De Gasperi nella sua relazione del 23 luglio 1944 in un'assemblea della Democrazia Cristiana:"Il comune che raccoglie le famiglie del territorio, in cui c'è la torre che ricorda un passato, un campanile che indica il cielo, delle libere istituzioni le quali vengono dai padri e rappresentano il patrimonio della nostra storia italiana, il comune deve rimanere la base della futura democrazia. Questa unità territoriale è tanto più necessaria perché l'esperimento che essa ha fatto e tutt'altro che negativo. Quando il fascismo ha voluto cominciare a distruggere il tessuto delle nostre libertà, ha iniziato il suo attacco ai comuni perché la' nei consigli comunali anche nei più piccoli che il popolo impara a reggersi".
Luigi Sturzo, in "Politica di questi anni", 1950-51, torna su autonomie locali e cittadinanza attiva:“La nostra aspirazione è quella che le energie locali possano bene e ordinatamente sviluppare e consolidarsi, non contro uno stato unitario, ma entro lo stato e garantite dallo stato. La provincia autonoma e il comune autonomo, in un coordinamento di poteri e di limiti, devono creare finalmente il cittadino autonomo”.
Questo breve excursus storico del pensiero centrista, dei nostri padri politici, lo ritroviamo nell'articolo 5 della Costituzione:"La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".
L'impegno civico, che non vuol dire una democrazia priva di valori o riferimenti ideali, non vuol dire civismo ideologico, bensì vuol dire impegno dal basso per una vera partecipazione popolare non telecomandata dall'alto, nel quale ogni essere umano può mettere in condivisione le proprie competenze per il bene comune.La presenza, nei comuni italiani, di tantissime liste, movimenti e associazioni “civiche”, che restano escluse dalle competizioni elettorali nazionali, devono partecipare alla costruzione della nuova federazione, così da mettere in rete le tante esperienze locali, pur mantenendo la propria autonomia organizzativa.Abbiamo bisogno di "membership", di appartenenza, di far parte di una comunità che condivide valori, idee e decisioni. Dobbiamo ricostruire la politica in modo orizzontale, con meritocrazia e meno decisioni calate dall'alto, non "uno vale uno", ma facendo emergere i talenti di ognuno in base alle competenze e non alle buone amicizie."Quando il cittadino è passivo è la democrazia che s’ammala". A. Tocqueville.
Alcuni dati Istat (indagine "Aspetti della Vita Quotidiana") mostrano che il 32% degli elettori segue la politica soprattutto attraverso la tv; al secondo posto c'è internet con il 26% novità assoluta di questi ultimi anni; al terzo posto, i quotidiani con il 15 %.Uno studio di "sociometrica" dimostra che se al voto andassero solo i "naviganti del web", il M5S avrebbe il 47% dei voti e se aggiungete il 40% di lega e FdI nei sondaggi vi sarà chiaro che moriremo di bi-populismo.Ho raccolto questi dati per evidenziare l'urgente azione che dobbiamo compiere: abitare le nuove piazze. Non immagino un nuovo mondo in cui ogni essere umano sia isolato, tutt'altro.Penso sia possibile coniugare community con comunità, digitale con incontri in presenza, ma credo che fare a meno del web sia un suicidio culturale e politico.Il digitale, come ho già detto in precedenza, azzera le differenti disponibilità economiche degli attivisti, rende la partecipazione attiva possibile a tutti.Noi centristi, che ci differenziamo dai populisti e sovranisti, non dobbiamo usare il web per cavalcare il sentiment del popolo, né per conquistare like con l'alterazione della cronaca, ma per aggregare, per mettere in rete talenti, competenze, studi e passione politica.La futura alleanza del Centro "ricostruttivo" dovrà avere questa importante missione, per colmare quel vuoto che la nostra area culturale e politica ha lasciato ad altri per troppo tempo, cercando di agire come una comunità webattiva, che cresce insieme in una "scuola di democrazia partecipata".Dobbiamo fare uno sforzo partecipativo, perché nessuno si senta uno straniero nella propria nazione, che lo rende un semplice pagatore di tasse, un membro passivo della "massa" clientelare.Per quanto fin qui esposto, mi permetto di avanzare alcune proposte per la futura alleanza di Centro:Adesione di singoli cittadini, anche se non iscritti a nessun partito costituente;Adesione di associazioni culturali, fondazioni, movimenti e liste civiche;Istituzione di Circoli tematici e territoriali online, che condividano idee e proposte, su una piattaforma digitale gestita dalla struttura organizzativa;Creazione di una web-tv e valorizzazione di radio, riviste, blog e quotidiani vicini alla nostra area culturale. I nuovi media dovrebbero promuovere i talenti e le proposte unitarie dell'alleanza.
Conclusione.
Come abbiamo visto, in questi mesi, il dibattito circa l’impegno sociale, culturale e politico dei centristi, si arricchisce di tantissimi contributi positivi e propositivi. Lasciando da parte, per fortuna, i pochi “titoloni” di alcuni giornali che ridicolizzano questa nuova spinta, ho letto moltissimi spunti interessanti circa la voglia di partecipazione attiva alla vita pubblica.Cambiare le sorti del nostro Paese in senso ricostruttivo, significa non essere populisti, nella fattispecie del nostro tempo significa creare una rete di donne e uomini, capaci di dire la verità senza per forza, a tutti i costi, dare la “carezza quotidiana” ai cittadini clienti-spettatori.Per noi il popolo non è un’entità avulsa dalle scelte politiche o dall’amministrazione della “cosa pubblica”, per noi la persona-cittadino non è uno spettatore pagante, a cui dire solo quello che vuol sentirsi dire altrimenti cambia canale oppure non clicca il like. Rendere la partecipazione attiva più ampia e aperta possibile, è la sfida del nostro tempo. A condizione che si utilizzi il web come mezzo, come strumento di partecipazione attiva e non come il fine per una popolarità da star.Cambiare davvero significherà avere il coraggio di fare scelte, che abbiano come fine il bene comune e non l’andamento dei sondaggi o il numero dei like ricevuti.È il momento di unire tutti i liberali, popolari, riformisti e moderati, che hanno la voglia e il coraggio di condividere un programma PER l'Italia e non solo per arginare il bipopulismo. Serve uno sforzo unitivo, umiltà e passione. Come ho già detto, questo coraggio non può che partire da NOI cittadini comuni. È il momento di agire per costruire il nostro futuro insieme, ricordando, in ogni nostra attività e proposta, una significativa frase di Mario Draghi:"Il populismo spesso è insoddisfazione, isolamento, alienazione. Questi temi si sconfiggono con un’azione di governo che risponda ai bisogni dei cittadini, ai bisogni degli italiani".
I (ri)costruttori siamo NOI, tutti NOI.
Grazie per l'attenzione, aspetto con piacere i vostri commenti e le vostre proposte.
Armando Dicone.
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