di Armando Dicone.
U.S. of Europe.
Era la mattina del 25 febbraio del 2037, a 80 anni dalla nascita della comunità economica europea, io e tutti i miei colleghi di partito, ci svegliammo molto presto per raggiungere la sede del Partito Popolare Europeo a Bruxelles. Eravamo tutti molto agitati perché in serata avremmo conosciuto i risultati delle prime elezioni politiche degli Stati Uniti d’Europa. Dopo 80 anni dal “trattato di Roma” 28 Nazioni, milioni di concittadini europei stavano per esprimere il proprio voto per l’elezione dei parlamentari europei. In campo c’erano il PPE, i SocialDemocratici, il Partito della Sinistra, i Liberali, i Conservatori, i Verdi ed una serie di altre liste che si presentavano alle elezioni per eleggere i deputati europei. Tutti i partiti, liste e movimenti erano convinti della bontà del processo di unificazione dell’europa. Tutti si presentavano per proporre la propria ricetta di governo per il bene dell’europa e dei suoi cittadini. Arrivati nella sede del partito, cominciammo subito a leggere i giornali e a leggere tra le righe dei vari articoli le sensazioni ed i pronostici di giornalisti e opinionisti. Gli ultimi sondaggi pubblicati davano un testa a testa tra noi popolari e i socialisti, ma la nostra sensazione era quella di una vittoria a prescindere dal decimale in più o in meno. Una vittoria certa per la posta in gioco che non era una poltrona in più o in meno, ma l’unità dei popoli europei: la pace. E per noi italiani che ereditavamo la storia e gli insegnamenti di De Gasperi e dopo aver vissuto anni di euroscetticismo la vittoria era doppia. Aver lavorato affinché tutti gli italiani fossero certi che unità politica europea significasse maggiore diritti e maggiori servizi, era per noi motivo di grande orgoglio. Dopo la lettura dei quotidiani, iniziammo i vari contatti telefonici con le nostre sedi nazionali per capire umori e sensazioni dei 28 Paesi membri. Ognuno nella propria lingua parlava con i riferimenti locali per avere maggiori informazioni sull’andamento del voto e dell’affluenza. Arrivammo così all’ora dell’aperitivo per riunirci e scambiare le informazioni raccolte. Tra un sorso e un boccone, tra una risata e un’emozione, finimmo la prima riunione di giornata consapevoli che l’affluenza sarebbe stata molto alta. Di li a poco arrivò il dato ufficiale dell’affluenza alle ore 12: 25%. Un risultato eccezionale. I cittadini europei avevano voglia di partecipare alla creazione del 1° governo europeo. I nostri colleghi di partito, di tutti gli Stati federali, ci avevano raccontato di file in tutti i seggi. Giovani e meno giovani avevano affollato i seggi per partecipare attivamente alla prima elezione politica dell’Europa unita. Arrivammo così al pranzo emozionati e col cuore pieno di gioia. I cittadini volevano esprimere la speranza di futuro e di pace col proprio voto. Dopo il pranzo continuarono i nostri contatti con le sedi locali. Io chiamai tutte le sedi regionali del partito popolare, facendomi raccontare come si stava svolgendo il voto elettronico. Tutti i colleghi mi raccontavano che non c’era stato alcun problema nel sistema informatico ne alcun cittadino lamentava imbarazzo per il primo voto digitale ai seggi. Ogni seggio aveva tre tablet tutti collegati al server del dipartimento federale degli interni a Roma. Dopo una breve pausa arrivammo ai dati ufficiali circa l’affluenza alle urne alle ore 19.Il dato in tutta Europa era molto omogeneo, l’affluenza era del 68%.Eravamo in festa, quasi increduli, tutti molto emozionati. Il popolo europeo ci stava dando una grandissima responsabilità: governare gli Stati Uniti d’Europa con un processo di assoluta condivisione tra popoli e classe dirigente. Ore 20.30 appuntamento extra politico: gioca la mia Juventus. Con uno scatto felino mi dileguo. Corro in una saletta vuota e davanti al mio smartphone mi godo la Juve che incontra il Barcellona nel primo campionato europeo. Anche il calcio aveva unito i popoli europei. Le leghe maggiori dei vari Stati, avevano creato la prima lega europea. Ore 23 partita finita da poco, seggi chiusi, raggiungo i miei colleghi per aspettare i primi exit-poll. Televisione accesa, smartphone e pc collegati e pronti, per avere informazioni da tutti i sondaggisti. Anche i vari istituti di sondaggistica dovevano confrontarsi con i dati da tutti i Paesi europei. Avevano creato varie partnership per mettere insieme i risultati dei vari Stati. Primo exit-poll: PPE 35%, SDE 24%, Liberali 10%, Partito della Sinistra 6%, Conservatori 5%, Verdi 5%, altri partiti locali 15%.Con estrema cautela iniziammo a capire che avremmo potuto essere il primo partito. Il dato però che ci preoccupava un po’ era il 15% raggiunto dai vari partiti locali che non si erano uniti a quelli europei. Arriva il dato ufficiale dell’affluenza alle 23: 85%. Un dato straordinario sopra ogni previsione anche la più ottimistica. Nessuno avrebbe pensato ad una risposta così positiva di tutto il popolo europeo. Intanto la fame cominciava a farsi sentire e mentre i miei colleghi avevano già cenato, io ero stato impegnato con la “vecchia signora”. Ordino subito un panino ed una birra e mi metto appartato per sentire in tv i primi commenti dei giornalisti. Dopo cena, telefonai subito a mia moglie che era rimasta in hotel con nostro figlio, per accertarmi che stessero bene e per commentare insieme i primi dati elettorali. Neanche lei, che è sempre ottimista, immaginava un dato sull’affluenza così alto. Era molto emozionata perché sapeva quanto avevamo lavorato per questo risultato straordinario. L’euforia era tanta, l’emozione altrettanto, decidemmo così di rilasciare la prima dichiarazione pubblica. A parlare alla stampa fu il collega tedesco Martin che, con estrema cautela sulla percentuale del nostro PPE, si soffermò sul risultato dell’affluenza ringraziando i milioni di cittadini europei che si erano recati alle urne per partecipare attivamente alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Intanto uscirono le prime proiezioni che confermavano gli exit-poll dando al PPE una percentuale sopra il 30%.L’ora era tarda e la macchina elettorale fotografava gli ottimi risultati tanto auspicati. Il primo voto elettronico stava accorciando la tempistica dello spoglio ed aveva diminuito le contestazioni, del passato, sulle schede elettorali. Eravamo tutti molto stanchi anche se l’adrenalina ci supportava per la maratona elettorale. Intorno alle 2 il risultato dei Partiti era chiaro: PPE primo partito con il 36%, SDE 25%, Liberali 10%, Partito della Sinistra 6%, Conservatori 5%, Verdi 5%, altri partiti locali 13%.I Partiti Europei avevano superato lo sbarramento per l’ingresso in parlamento del 3%.Unico dato particolare era il 13% alle liste locali, un dato che avremmo dovuto studiare ed approfondire per comprendere in quali nazioni e che tipo di liste fossero. Altra dichiarazione pubblica, questa volta affidata all’amico collega belga Marc, il quale con grande emozione prese la parola di fronte alla stampa europea concentrando il proprio pensiero sulla grande responsabilità che il popolo europeo aveva dato alla classe dirigente “popolare”: formare il primo governo degli U.S.E..A quel punto e con quei risultati era evidente a tutti noi che la responsabilità di trovare una maggioranza di governo in parlamento fosse nostra. Era altrettanto chiaro che con il nostro 36% non avremmo potuto formare un governo soli e che quindi avremmo dovuto parlare e mediare con le altre forze politiche. La serata finì e aspettando i risultati dei singoli parlamentari eletti ci salutammo per aggiornarci al giorno seguente. Arrivato in hotel e con l’adrenalina ancora in circolo, mi addormentai sul divano per non svegliare i miei amori che dormivano sul letto. Sveglia alle 7 come ogni giorno. Eppure non ricordavo di averla messa allo smartphone. Ancora addormentato mi resi conto che si trattava di una sveglia umana: mio figlio che saltava sul mio corpo accasciato sul divano. Subito dopo la colazione in hotel raggiunsi i colleghi in sede. La stampa di tutto il mondo aspettava le nostre mosse, le nostre dichiarazioni, tutti attendevano di capire se avessimo deciso con chi fare il primo governo europeo. La domanda era sempre la stessa: con chi? Destra o sinistra?Convocammo subito la direzione del Partito nel primo pomeriggio. Durante la mattinata telefonai a tutti i neo parlamentari eletti del PPE in Italia, complimentandomi con loro per il gran lavoro fatto. In Italia, infatti, avevamo raggiunto il 40%, un risultato davvero sorprendente. Finalmente arrivò il pranzo e ci divorammo praticamente tutto, tra un boccone e l’altro cercavo di capire l’orientamento dei miei colleghi europei per la formazione del governo e della sua maggioranza. Iniziavo a comprendere che di li a poco la direzione si sarebbe spaccata in due correnti di pensiero, da una parte i favorevoli ad un appoggio dei socialdemocratici, dall’altra i filo liberali e conservatori, cristiani del sociale contro cristiani della morale. Era un passaggio che in Italia avevamo già sperimentato in molte fasi politiche: la divisione tra i cattolici impegnati in politica, filo progressisti contro filo conservatori. In Italia però questa divisione fu abilmente superata sin dai tempi dello Statista De Gasperi, anche se poi il problema si ripresentò nella seconda repubblica. Nel nostro Paese riprendemmo a ragionare di presenza unitaria dei cattolici, iniziando a ragionare non più sull’intransigenza rispetto ai valori etici e morali, ma sulla libertà di coscienza dei singoli parlamentari. Questo approccio costruttivo e laico poteva essere la chiave di svolta per la crisi che si poteva verificare all’interno della direzione del PPE del pomeriggio. Dopo il pranzo mi appartai nel mio ufficio per iniziare ad appuntarmi qualche riflessione, che avrei usato per mantenere il partito unito e per tentare di trovare una mediazione tra le diverse sensibilità. Era il primo appuntamento con la storia dell’Europa federale e non potevamo permetterci di mostrarci divisi nelle scelte. I cittadini europei ci avevano mostrato grande fiducia e non potevamo deludere tutte le aspettative del nostro popolo. Decisi così di convocare una riunione online con la direzione italiana del Partito. Ore 15 tutti connessi ognuno dai propri uffici. Avevo il compito il portare la linea che avevamo concordato con i colleghi italiani: chiedere a tutti i partiti europei la disponibilità a formare o appoggiare il primo governo europeo a guida popolare. La linea che decidemmo fu quella di convincere i colleghi europei di partito di formare un Governo con tutti, che avesse come programma al massimo 5 punti da concordare insieme. Ebbi la necessità di sentire telefonicamente due persone: mia moglie e il mio padre spirituale, un gesuita della provincia pugliese che mi aveva insegnato tanto sull’ascoltare pro-attivamente. Due persone che mi avrebbero dato la forza di sostenere la mia teoria dell’unità. Due persone che sempre nella vita mia avevano sostenuto. Anche questa volta appoggiarono la mia tesi e mi diedero il coraggio per affrontare quel momento così delicato per tutti noi, ma soprattutto per il futuro dell’Europa unita. Ore 16 direzione europea del PPE. Tutti puntuali e tutti molto emozionati, affollammo la sala riunioni del partito .Il segretario federale, l’amica francese Marie, iniziò subito la relazione con cui esaminò il voto e i dati del partito in tutta l’europa. Non indicò la linea da seguire per la formazione del governo, ma si limitò a responsabilizzare tutti sulla via dell’unità del partito. Il concetto di unità del partito era per me alla base della discussione interna per poi ascoltare le istanze degli altri partiti. Se noi ci fossimo divisi, la formazione del primo governo europeo sarebbe stata impossibile e soprattutto si rischiava di rendere vana la partecipazione altissima al voto del popolo europeo. Subito dopo Marie prese la parola l’amico ungherese Gabòr, il quale delineò il perimetro della maggioranza di governo alle forze liberali e conservatrici. La sua linea era seguita da molti rappresentanti dei Paesi del nord Europa. A rafforzare la sua tesi arrivarono, infatti, in soccorso altri membri del partito che partivano dall’idea di una maggioranza che con liberali e conservatori arrivasse al 51%.Prese la parola la collega spagnola Ana, che invece, mossa dall’esperienza di centro-sinistra in Spagna, ci parlò dei valori e punti programmatici che ci avrebbero avvicinati ai social-democratici. A quel punto sentii il bisogno di prendere la parola per trovare un punto di incontro tra le due diverse teorie. Partii dal principio di unità del partito e dell’Europa, per condividere con tutti la grande responsabilità che avevamo. Le nostre scelte e le nostre azioni, infatti, sarebbero state decisive per il futuro unitario dell’Europa. Avevo preparato il mio discorso sulla base dell’importanza della condivisione della linea programmatica del primo Governo europeo. Cercai di convincere tutti che l’euroscetticismo era dietro l’angolo e che non aspettava altro che un passo falso della classe dirigente. Infatti quel 13% dato alle liste locali della varie nazioni significava che c’era una parte di popolazione che non credeva all’unione politica ed economica degli Stati Uniti d’Europa. Inoltre evidenziai l’altissima affluenza che ci avrebbe dovuto dare il coraggio e la forza di formare un governo appoggiato da tutti i partiti europei, in modo da condividere con tutti le scelte programmatiche da sostenere ed attuare. Secondo il mio parere, tutti i partiti dovevano responsabilmente partecipare al governo per dare forza all’unione politica. Era il primo banco di prova degli “unionisti” ed ognuno doveva prendersi la sua responsabilità. La direzione del partito votò all’unanimità questa linea unitaria a cui seguì una conferenza stampa tenuta da Marie. Grazie alle sue doti comunicative, Marie tenne incollati giornalisti, cittadini e tutti gli altri leader politici, per un’ora intera. L’appello alla responsabilità di tutti i partiti aveva funzionato. Su tutti i social si leggevano commenti positivi della maggior parte dei cittadini europei. In giornata ci furono le dichiarazioni degli altri leader europei che si dichiararono favorevoli alla nostra apertura, ma che, per la decisione definitiva, avrebbero voluto ascoltare la base dei loro rispettivi partiti per avere maggiore sicurezza e forza. Anche noi decidemmo di indire un referendum online di tutti i nostri iscritti. Dopo due giorni arrivarono i risultati dei referendum svolti da tutti i partiti, un risultato eccezionale, un risultato che avrebbe sancito la nascita del primo governo europeo. A maggioranza gli iscritti avevano dato il via libera alla formazione del governo. Decidemmo così di incaricare per ogni partito due membri che avrebbero composto il “tavolo programmatico”. Sarebbe dovuto essere un programma snello di pochi punti e di molte azioni concrete. Un programma che i cittadini avrebbero dovuto da subito sentire proprio. Un programma che aveva come linea direttrice la Costituzione Europea approvata 2 anni prima. Iniziarono così i vari incontri, fatti di litigi e mediazioni continue. I nostri rappresentanti portarono al tavolo le nostre due proposte:- unificare il fattore famiglia in tutti gli stati federali (più componenti, meno tasse);- unificare le buone prassi dei centri per l’impiego in tutte le regioni degli Stati. Queste furono le nostre priorità da condividere con i partiti che avrebbero formato il Governo. Il nostro punto di riferimento, durante tutta la campagna elettorale, fu quello di eliminare o almeno diminuire le disegualianze tra nord e sud Europa. Infatti i Paesi del nord, si trovavano in un economia florida e con l’introduzione della Costituzione Europea si trovarono a fare i conti con l’introduzione del debito pubblico “comune”. Tutti i Paesi membri decisero di avviare il processo di unificazione economica e politica a partire dal debito pubblico, avviando così la più grande operazione di “sussidiarietà economica” della storia. Arrivammo così alla definizione del programma di governo:- Istituzione Corpi Difesa Comune Europea (Marina Militare, Esercito e Aviazione);- Istituzione Guardia di Finanza e Polizia Europea;- Reddito minimo garantito esteso in tutti gli Stati federali;- Introduzione del fattore famiglia per le tasse versate dai cittadini;- Prassi unificate per i Centri per l’Impiego;- Sburocratizzare le procedure per avvio imprese. Questa era la piattaforma programmatica su cui i nostri iscritti avrebbero dovuto esprimere il loro parere per avviare la formazione del governo. Avviammo così le consultazioni online per il via libera al governo. Anche questa volta i cittadini ci diedero fiducia approvando a maggioranza il programma di governo. Ogni partito aveva spiegato a propri iscritti la mediazione e i punti di incontro per avviare il primo governo europeo. Ma quasi sicuramente i nostri iscritti erano più avanti di noi nell’idea di unificare i popoli europei. Forti del parere dei nostri concittadini iniziammo a lavorare sulla composizione del governo. Decidemmo di partire dai risultati elettorali per trovare la composizione numerica. Ogni partito avrebbe avuto la propria rappresentanza in proporzione ai dati elettorali. Visto il programma snello stabilimmo di optare per una composizione leggera: 15 membri. Dopo la proporzionalità si decise di partire dalla scelta dei ministeri per poi affidarne il ruolo in base alle scelte dei singoli partiti per l’individuazione del curriculum più adatto. Noi popolari avevamo il compito di individuare il Presidente del Consiglio, poiché eravamo il primo partito, il Ministro della Difesa ed il Ministro della Giustizia. Ogni partito doveva scegliere i propri uomini, presentando al tavolo della coalizione, per la composizione del governo una rosa di tre nomi da condividere con gli altri partner. Il traguardo era vicino, sentivamo tutti l’ansia di partire, di cominciare a lavorare per l’Europa unita per i nostri concittadini. Sentivamo sulle nostre spalle una grandissima responsabilità, ma allo stesso tempo avevamo la consapevolezza di aver condiviso ogni scelta con i nostri iscritti e questo ci dava la forza di camminare uniti e liberi da ogni retro pensiero di “accordi di palazzo” o “inciuci”. Iniziammo così il lavoro per individuare i migliori rappresentanti per il governo. Telefonate, chat, incontri di partito, ero esausto. Avevo bisogno di un giorno di pausa e di riflessione. Essendo il rappresentante italiano del partito oltre che rapportarmi con i colleghi di Bruxelles avevo il compito di confrontarmi anche con il partito in Italia. Passavo le mie giornate al partito, chiuso nel mio ufficio per tentare di trovare sempre un punto di incontro fra le diverse posizioni politiche. Infatti ero considerato da tutti i miei colleghi “il mediano” anche per la mia passione per il calcio oltre che per la capacità di mediare, che tutti mi riconoscevano. Mediare, però significa ascoltare sempre l’altro, parlare meno degli altri ma dire sempre ciò che unisce e mai ciò che può irrigidire le diverse posizioni. Ero stanco, quasi nauseato da quel ruolo che inconsapevolmente avevo accettato. Decisi di prendere il primo aereo per tornare un giorno dalla mia famiglia. Ad aspettarmi in aeroporto c’erano mia moglie e il mio ometto. Rientrammo subito nella nostra casa dove sentii subito il calore, la tranquillità, la pace, che solo la mia famiglia sapeva darmi. Mio figlio volle subito giocare con me al suo nuovo “impegno ludico”, un gioco online dove avevamo l’obiettivo di costruire una grande città. Pensai che probabilmente a mio figlio piacesse parecchio la politica, da quel gioco era molto preso e se un quartiere restava senza luce, al buio non avrebbe neanche mangiato fino a quando non avrebbe risolto il problema dei suoi cittadini virtuali. Fu un pomeriggio molto divertente e molto spensierato. In serata ci recammo dai miei genitori per la cena. Avevano, come sempre, preparato una cena così abbondante che sarebbe bastata per il nuovo esercito europeo. Tornati a casa mio figlio andò subito a letto, era distrutto dalle fatiche di “governo virtuale”, mentre io e mia moglie ci rintanammo nella nostra camera per parlare fino a tardi. La mattina seguente tornai a Bruxelles, la piccola vacanza era già finita. Mi fiondai in ufficio per riprendere il filo delle trattative per la formazione del governo. Nel pomeriggio infatti avevamo la direzione politica del partito per iniziare ad individuare i prossimi ministri. Dopo una serie di telefonate mi recai nell’ufficio accanto al mio, quello del segretario politico Marie. Mi accolse come sempre con un buon caffè, rigorosamente italiano, e con un’aria affannata. In mia assenza era stata inondata di curricula provenienti da tutti i Paesi europei. Era molto provata poiché di li a poco avremmo dovuto individuare tre presone su centinaia di proposte ricevute. Cercai di calmare la su ansia proponendole un percorso di individuazione partendo dai profili, che i futuri ministri e presidente del consiglio avrebbero dovuto avere. Lei accolse subito positivamente la mia proposta e decidemmo di proporre alla direzione del pomeriggio il percorso concordato. Alle ore 16 iniziò la direzione del partito. Marie lesse la sua relazione con la quale annunciava il percorso da seguire per l’individuazione delle tre figure da scegliere. Propose di partire dagli studi dei singoli candidati, dalle esperienze professionali e per finire all’impegno politico. I tre step avrebbero dovuto seguire l’attinenza con il ruolo che dovevano ricoprire. La relazione di Marie, dopo un breve dibattito, fu approvata a maggioranza. Infatti una parte del partito avrebbe preferito scegliere i tre uomini in base ai voti ottenuti nelle elezioni. Cercammo di far capire loro che i voti presi non potevano rappresentare una naturale selezione per ricoprire tre ruoli così importanti, pur essendo un merito. Decidemmo cosi di riaggiornare la seduta al giorno seguente per l’individuazione dei nove curricula, tre per ogni ruolo, da portare al tavolo della “grande coalizione”. Io, Marie e Martin passammo tutta la serata a spulciare i curricula per cercare di portare in direzione una prima proposta da votare. Mi sentivo un “cacciatore di teste”, un selezionatore, un allenatore che deve scegliere tra molti i migliori. Tra i tanti curricula arrivati, riuscimmo ad arrivare ad una cinquantina di candidati da portare in direzione il giorno seguente. Ore 11 direzione federale del partito. Tutti puntuali come sempre, tutti sempre più tesi ed emozionati, cominciammo con l’individuazione della terna di candidati per ogni ruolo. Partimmo dalla terna per il ruolo di Ministro della giustizia scegliendo tre figure di spicco tra cui due colleghi di partito ed 1 professore universitario, da sempre vicino ai valori del popolarismo europeo. Arrivammo alla definizione dei tre curricula per il ruolo di Ministro della Difesa, che avrebbe dovuto avere il difficile compito di formare i corpi militari europei, in base all’accordo di programma sottoscritto da tutti i partiti. Eravamo molto stanchi ma il nostro compito non era ancora terminato. Dovevamo ancora scegliere i tre nomi da proporre come Presidente del Consiglio dei Ministri. Un ruolo che doveva tenere insieme partiti diversi tra loro, con storie e culture diverse, con programmi e sensibilità, spesso, in contrapposizione. Decidemmo di fare una breve pausa pranzo per riprendere i lavori nel primo pomeriggio. Durante il pranzo Marie si avvicinò a me con aria rilassata e tranquilla, non avevo mai visto il suo volto così sereno. Anche Martin gustava il pranzo e chiacchierava con gli altri colleghi, con estrema calma, come se il nostro lavoro fosse già terminato. La loro calma mi metteva quasi a disagio, come se i ruoli si fossero invertiti. Ero sempre stato io il calmo che trasmetteva tranquillità a tutti. In quel frangente mi sentivo fuori luogo come se solo io sentissi tutta la responsabilità dell’operazione politica che stavamo compiendo. Dopo il pranzo, veloce, riprendemmo i lavori della direzione. Marie volle riprendere subito la parola e per dieci minuti ci tenne tutti col fiato sospeso parlando della vittoria del nostro partito e che quindi avremmo portato al tavolo della coalizione un solo nome e non più una terna. Poiché si trattava di scegliere il garante del programma e della tenuta dell’intera colazione, non potevamo optare per tre nomi, ma per la migliore risorsa che il partito vincitore delle elezioni aveva tra le sue fila. Questa fu la tesi di Marie. Fu un discorso convincente ma che in me suscitava molte preoccupazione, si trattava di rompere un pezzo di accordo tra noi ed il resto della grande coalizione. Martin, sempre più calmo, prese la parola non per fare grandi discorsi ma solo per condividere la tesi di Marie e per proporre il mio nome come Presidente del Consiglio degli Stati Uniti d’Europa. In quel momento non mi venne ne un coccolone ne svenni. Ricordo solo che rimasi a bocca aperta, ero sorpreso ma rimasi impassibile. Le mie emozioni erano tutte racchiuse in me, mentre il resto dei colleghi applaudiva e mi veniva ad abbracciare ero sempre più terrorizzato. Le proposte di Marie e di Martin furono votate a maggioranza. La loro linea passò in direzione ma non sapevamo ancora la reazione degli altri partiti. Uscii subito dalla sede del partito per avvertire mia moglie e la mia famiglia. Chiesi estrema riservatezza a tutti perché il giorno dopo ne avremmo dovuto discutere con tutta la coalizione. In serata mi feci una lunga chiacchierata con don Franco, che come al solito cercò di rasserenare il mio animo inquieto e preoccupato. Sebbene tutti mi conoscessero come il “mediano”, il mediatore, il calmo, il tranquillo, dentro di me avevo sempre avuto lo spirito del “politico preoccupato”. L’uomo che sente su di se la responsabilità della soluzione dei problemi altrui. Quella notte pregai tanto, forse riuscii a dormire un paio di ore. Ero talmente agitato che neanche le mie tanto adorate tisane, rilassanti, fecero effetto sul mio stato. Dopo una notte insonne arrivò il giorno dell’incontro con gli altri partners della grande coalizione di governo. Arrivammo tutti in largo anticipo e sui nostri volti era chiara la tensione di quei giorni. Dopo due ore di dibattito, la tesi di Marie passo all’unanimità: ero il primo Presidente del consiglio dei ministri degli Stati Uniti d’Europa. Ore 6.45 del 25 settembre 2018, suona la sveglia. Mia moglie mi sussurra: “amore è ora di svegliarsi”; Mi sveglio e le rispondo: “è stato un sogno straordinario, bellissimo, ho sognato l’Europa unita, ho sognato nostro figlio cittadino degli Stati Uniti d’Europa”.
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